Se otto ore vi sembran poche
provate voi a lavorare
e sentirete la differenza
di lavorar e di comandar.
O Mario Scelba se non la smetti
di arrestare i lavoratori
noi ti (e noi) faremo come al duce
in Piazza Loreto ti ammazzerem.
E noi faremo come la Cina,
suoneremo il campanello,
innalzeremo falce e martello
e griderem viva Mao Tse Tung.
E noi faremo come la Russia,
suoneremo il campanello,
innalzeremo falce e martello
e grideremo viva Stalin.
Fonte: AA.VV., Avanti popolo - Due secoli di popolari e di protesta civile, Roma, Ricordi, 1998
Informazioni:
Canto nato nel 1906, quando il deputato Conoglio, presentò alle Camere il progetto di legge per ridurre a otto ore la giornata lavorativa delle mondine.
Il riferimento alla Russia riguarda la Rivoluzione del 1905, ma la canzone va collegata alle grandi lotte del 1921/22, per le otto ore lavorative.
La musica ricorda la canzone risorgimentale "La bandiera tricolore", e i testi furono moltissimi, in quanto adattati a diverse occasioni e spesso cambiati.
Taci. Su le soglie del bosco non odo parole che dici umane; ma odo parole più nuove che parlano gocciole e foglie lontane. Ascolta. Piove dalle nuvole sparse. Piove su le tamerici salmastre ed arse, piove sui pini scagliosi ed irti, piove su i mirti divini, su le ginestre fulgenti di fiori accolti, su i ginepri folti di coccole aulenti, piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani ignude, su i nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri t'illuse, che oggi m'illude, o Ermione.
Odi? La pioggia cade su la solitaria verdura con un crepitio che dura e varia nell'aria secondo le fronde più rade, men rade. Ascolta. Risponde al pianto il canto delle cicale che il pianto australe non impaura, né il ciel cinerino. E il pino ha un suono, e il mirto altro suono, e il ginepro altro ancora, stromenti diversi sotto innumerevoli dita. E immensi noi siam nello spirito silvestre, d'arborea vita viventi; e il tuo volto ebro è molle di pioggia come una foglia, e le tue chiome auliscono come le chiare ginestre, o creatura terrestre che hai nome Ermione.
Ascolta, Ascolta. L'accordo delle aeree cicale a poco a poco più sordo si fa sotto il pianto che cresce; ma un canto vi si mesce più roco che di laggiù sale, dall'umida ombra remota. Più sordo e più fioco s'allenta, si spegne. Sola una nota ancor trema, si spegne, risorge, trema, si spegne. Non s'ode su tutta la fronda crosciare l'argentea pioggia che monda, il croscio che varia secondo la fronda più folta, men folta. Ascolta. La figlia dell'aria è muta: ma la figlia del limo lontana, la rana, canta nell'ombra più fonda, chi sa dove, chi sa dove! E piove su le tue ciglia, Ermione.
Piove su le tue ciglia nere sì che par tu pianga ma di piacere; non bianca ma quasi fatta virente, par da scorza tu esca. E tutta la vita è in noi fresca aulente, il cuor nel petto è come pesca intatta, tra le palpebre gli occhi son come polle tra l'erbe, i denti negli alveoli son come mandorle acerbe. E andiam di fratta in fratta, or congiunti or disciolti ( e il verde vigor rude ci allaccia i melleoli c'intrica i ginocchi) chi sa dove, chi sa dove! E piove su i nostri volti silvani, piove su le nostre mani
ignude, su i nostri vestimenti leggeri, su i freschi pensieri che l'anima schiude novella, su la favola bella che ieri m'illuse, che oggi t'illude, o Ermione.
Musica di Tiersen - "Comptine d'un autre été: l'après midi". Voce di Herlitzka.
La Leggenda del Piave (Canzone del Piave). Di Ermete Giovanni Gaeta (noto con lo pseudonimo di E.A. Mario), cantata dal tenore Giovanni Martinelli nel 1918.
Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio
dei primi fanti il ventiquattro maggio;
l'esercito marciava per raggiunger la frontiera
per far contro il nemico una barriera!
Muti passaron quella notte i fanti,
tacere bisognava e andare avanti.
S'udiva intanto dalle amate sponde
sommesso e lieve il tripudiar de l'onde.
Era un presagio dolce e lusinghiero.
il Piave mormorò: "Non passa lo straniero!"
Ma in una notte triste si parlò di tradimento***
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha visto venir giù, lasciare il tetto,
per l'onta consumata a Caporetto.
Profughi ovunque dai lontani monti,
venivano a gremir tutti i suoi ponti.
S'udiva allor dalle violate sponde
sommesso e triste il mormorio de l'onde.
Come un singhiozzo in quell'autunno nero
il Piave mormorò: "Ritorna lo straniero!"
E ritornò il nemico per l'orgoglio e per la fame volea sfogare tutte le sue brame,
vedeva il piano aprico di lassù: voleva ancora
sfamarsi e tripudiare come allora!
No, disse il Piave, no, dissero i fanti,
mai più il nemico faccia un passo avanti!
Si vide il Piave rigonfiar le sponde
e come i fanti combattevan l'onde.
Rosso del sangue del nemico altero,
il Piave comandò: "Indietro va', o straniero!"
Indietreggiò il nemico fino a Trieste fino a Trento
e la Vittoria sciolse l'ali al vento!
Fu sacro il patto antico, tra le schiere furon visti
risorgere Oberdan, Sauro e Battisti!
Infranse alfin l'italico valore
le forche e l'armi dell'Impiccatore!
Sicure l'Alpi, libere le sponde,
e tacque il Piave, si placaron l'onde.
Sul patrio suolo vinti i torvi Imperi,
la Pace non trovò né oppressi, né stranieri!
***La prima versione della canzone fa riferimento alla parola "tradimento" in quanto inizialmente, davanti alla pesantissima sconfitta di Caporetto, si pensò che alcune unità a difesa della valle di Plezzo avessero disertato. Solo dopo si scoprì che tali unità furono decimate dai bombardamenti di gas tossici nemici.
Di conseguenza la nuova versione della strofa recita:
"Ma in una notte trista si parlò di un fosco evento
e il Piave udiva l'ira e lo sgomento.
Ahi, quanta gente ha vista venir giù, lasciare il tetto;
Giuseppe Ungaretti legge la sua poesia "Fratelli" scritta al fronte durante la Prima Guerra Mondiale, e si scaglia contro tutte le guerre e le forme vecchie e nuove di imperialismo.
In questo breve video Alberto Angela descrive le prime fasi della Grande Guerra: dall'omicidio dell'arciduca Francesco Ferdinando, avvenuto a Sarajevo il 28 giugno 1914, fino all'ingresso in guerra dell'Italia dopo il Patto di Londra.